PASQUALE BAIOCCHI
(1847 – 1907)
Pirotecnico, patriota

Pasquale Baiocchi (anche Baiocco), “l’uomo che dipinse il cielo con i fuochi artificiali”, nacque a Città Sant’Angelo il 12 agosto 1847 da Lindoro, che fu sindaco della cittadina nel 1855, e da Clorinda Cicoria. Cugino di suo padre era stato quel Pietro Baiocchi, figura eroica di garibaldino, unico abruzzese ad aver preso parte alla spedizione dei Mille.

Fin da bambino dimostrò una particolare passione per la polvere pirica quando, dopo le feste religiose, si divertiva con i compagni a raccogliere i candelotti inesplosi per studiarli e farli esplodere. In verità questa sua irrefrenabile passione il giovane Baiocchi dovette coltivarla in modo discontinuo e di nascosto dei suoi genitori non proprio favorevoli ad assecondarla. Compì i primi studi nel suo paese per essere poi mandato nel 1860 a Chieti per completare gli studi classici nel Reale Liceo. Nel 1866, a diciannove anni abbandona tutto e si arruola con i volontari di Garibaldi per partecipare alla terza guerra d’Indipendenza. Dopo un breve periodo in Puglia come scrivano in fureria, raggiunge Ancona e da lì il fronte, con la 23a Compagnia. Combattè gli Austriaci a Storo (TN) dove al comando della sua squadra, che seguiva quella di Garibaldi, si distinse per coraggio essendo stato tra i primissimi a conquistare la posizione nemica. Nella seconda metà di luglio del 1866, i combattimenti si intensificarono fino alla storica presa di Bezzecca dove Baiocchi e il conterraneo Vincenzo Basile entrarono per primi tra cumuli di cadaveri nemici. Dopo l’armistizio di Cormons, 12 agosto 1866, Baiocchi fa ritorno a Città Sant’Angelo da vittorioso combattente e raccontando in famiglia le drammatiche vicende vissute al fronte, non nasconde come, in alcune occasioni, avesse realizzato fuochi d’artificio con la polvere dei proiettili inesplosi dei nemici per alleviare le tensioni dei suoi commilitoni nei bivacchi notturni.

La sua permanenza a casa però non durò molto, di lì a qualche mese il forte richiamo di Garibaldi lo porterà nell’Agro Romano a combattere per l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia. Durante l’avvicinamento a Roma fu fatto prigioniero a Nerola il 18 ottobre 1867 e condotto a Castel Sant’Angelo prima e nel carcere di Civitavecchia dopo, dove rimase per due mesi.

Anche da questa drammatica esperienza uscirà indenne e nel gennaio del 1868 viene congedato col grado di Caporal Maggiore. Al suo ritorno a Città Sant’Angelo, però, la famiglia, che non aveva approvato la sua partecipazione alla guerra contro il Papato, non lo accetta in casa. Solo una successiva mediazione del Sindaco riuscirà a risolvere positivamente la controversia. Il 2 giugno 1868, per meriti acquisiti sul campo, il Comune angolano lo nomina Sottotenente della Guardia Nazionale Italiana.

Nella tranquillità della sua cittadina, si forma una famiglia e si dedica ad un’altra sua grande passione: la musica. Nel 1869 si trasferisce a Napoli per perfezionare la sua conoscenza del violino presso il Conservatorio San Pietro a Majella, arrivando a diventare secondo violino di spalla nell’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli.

La sua indomita passione per l’arte pirotecnica, però, lo portò a frequentare i più famosi stabilimenti pirotecnici della città partenopea dove ebbe modo di migliorare la sua personale esperienza fino a realizzare fuochi innovativi che gli valsero grandi manifestazioni di stima. Con questo prezioso bagaglio tecnico, torna definitivamente a Città Sant’Angelo nel 1871 dove, a soli 24 anni, impianta uno stabilimento pirotecnico tutto suo. Da qui cominciò la sua straordinaria ascesa, ottiene in breve tempo grande popolarità e larghi consensi vincendo gare in campo nazionale ed internazionale. Grazie ai suoi strabilianti giochi pirici, si guadagnò i meritatissimi appellativi di mago, re, principe degli artisti del fuoco ecc… Lo scrittore Edmondo De Amicis (l’autore del romanzo Cuore), colpito dai suoi giochi pirotecnici in aria e in acqua, lo definì nelle sue “Pagine Allegre” l’artista del fuoco.

Nel 1884, per la sua straordinaria notorietà e competenza, il Ministero della Guerra lo invitò a far parte di una Commissione militare incaricata di perfezionare lo studio dei razzi da segnalazione. La sua opera fu ebbe il giusto riconoscimento in una manifestazione a Capua il 17 novembre dello stesso anno.

Resterà agli annali delle feste patronali di Pescara e scolpita nella memoria di chi vi assistette, la festa di San Cetteo del 1893 quando il re dei fuochi gareggiò addirittura con un temporale: “La festa del patrono di Pescara San Cetteo, sin dai tempi antichi era caratterizzata, a differenza delle altre città italiane, oltre che dalla processione, le gare sul fiume e una grandiosa illuminazione galleggiante, che la corrente trasportava come un corteo di fiori di fuoco che andava a finire in mare, anche da grandiosi fuochi pirotecnici.

Nel 1893 i pescaresi organizzarono una di queste indimenticabili feste. Tutte le strade vennero artisticamente illuminate, in particolare Corso Manthonè e piazza Garibaldi e addobbate con archi formati da festoni e lampioncini ad olio di vetro colorato. Per tutta la città passeggiava una folla spensierata venuta dai paesi vicini. Alle venti, mentre le bande di Città Sant’Angelo e di Pianella si preparavano alla “disfida”, venne all’improvviso un forte vento dal mare indice di un temporale; i lampioncini, sbattuti l’uno contro l’altro dal vento, si rompevano e lasciavano gocciolare l’olio sul pubblico che gremiva il Corso, ma intanto cominciavano a cadere goccioloni d’acqua. Pasquale Baiocchi, che aveva già preparato gli ultimi ritocchi per lo spettacolo pirotecnico che doveva brillare a mezzanotte, impressionato dal temporale che poteva rovinare tutto l’artifizio, sparò subito una decina di grosse bombe per aria per richiamare il pubblico e cercare di spaccare la nuvola: ma ottenne l’effetto contrario.

Tuttavia il grande maestro, testardo com’è un abruzzese, con un bengala in mano, correndo da tutti i lati incendiò una ad una tutte le cassette con un centinaio di bombe che si sparano al finale.

Tutto il cielo era una cupola di colori: un grande spettacolo tra il faceto ed il terribile e, mentre piovevano giù acqua lampi e tuoni, “l’artista del fuoco” da terra continuava a mandare su bombe e girandole. La battaglia durò venti minuti con la sconfitta del re degli dei Giove Pluvio: tutti quei colpi avevano spaccato la nuvola e improvvisamente il tempo migliorò . Il pubblico, zuppo dalla pioggia rideva, gridava, piangeva, ed applaudiva quell’eccezionale evento grandioso e… soprannaturale. Don Pasquale fu sollevato di peso e portato in trionfo, mentre le bande tornarono a darsi battaglia”. (ELISABETTA MANCINELLI).

Con Decreto del 30 dicembre 1894, il Re Umberto I lo nomina Cavaliere della Corona d’Italia e da allora appellato col titolo di don Pasquale.

Il 4 luglio 1907 fu invitato dal Comune di Napoli per una grande festa in onore di Giuseppe Garibaldi; per l’attaccamento al “suo” generale, Baiocchi accettò e si esibì in uno spettacolo pirotecnico fuori dall’ordinario. Fu quello, però, anche il suo ultimo spettacolo. Don Pasquale Baiocchi, il re del fuoco, morì una settimana dopo in una esplosione nel suo stabilimento insieme ad altri sette operai, dovuta all’imprudenza di un suo dipendente, erano le ore 17 del 10 luglio del 1907.

In una sorta di rivincita del fuoco, l’artista geniale era caduto bruciato, incenerito proprio per opera di quei terribili elementi che erano stati suo tormento e sua gloria. L’uomo che avevano risparmiato le pallottole austriache doveva ora perire banalmente per opera di quel fuoco distruttore che aveva innalzato a grande dignità di arte.

Nel suo paese lo ricordano annualmente con una serie di manifestazioni che culminano in un grande spettacolo di fuochi d’artificio a terra, proprio in Largo Baiocchi nel centro storico del borgo, dove nel 1990, è stata posta una bella lapide che lo ricorda. A lui è intitolato il concorso nazionale per spettacoli pirotecnici nella sua città natale.

Lapide in Largo Baiocchi

Fonte:
Carlo Maria d’Este “Personaggi Illustri in Terra d’Abruzzo” – Centro Regionale Beni Culturali – Regione Abruzzo
BIBLIOGRAFIA E FONTI:
• Giovanni Di Leonardo, Baiocchi Pasquale, in Gente d’Abruzzo. Dizionario Biografico, Castelli, Andromeda, 2006, vol.1
• Luigi Braccili, in Nato a… Dizionario storico-biografico di personaggi abruzzesi, Chieti, Solfanelli, 1985,ad vocem
• Federico Adamoli (a cura di), L’ultima dimora, gli annunci funebri del Corriere Abruzzese (1876-1928), stampato in proprio, 2008-2013, vol.3
• Elisabetta Mancinelli, don Pasquale Baiocchi: l’abruzzese “artista del fuoco”, in abruzzo24ore.tv Edmondo De Amicis, Pagine Allegre, Milano, Treves, 1906
• Luigi Innamorati, Pasquale Baiocchi, Ricordi ed aneddoti, in Vita Abruzzese, Città Sant’Angelo, 1 agosto 1907

L’incidente del 1886

Vi fu un altra disgrazia antecedente a quella del 1907.

La mattina del 17 aprile del 1886, nelle vicinanze dell’abitato di Città Sant’Angelo (“Vico Torretta”), scoppiò l’inferno. Nella storica fabbrica di fuochi d’artificio di Pasquale Baiocchi ci fu una esplosione violentissima. Ne seguirono poi altre e la conclusione, tragica, fu la morte di due dipendenti del laboratorio. I caduti sul lavoro furono: il sessantatreenne Casimirro Terra (nato a Silvi da Ceriaco e Smeralda Canzi. Sposato con Francesca Di Cristofaro) e il ventitreenne Orlando Masciarelli (nato a Silvi da Francesco e Maria Terra. Sposato con Maria Giuseppa Di Cristofaro). Solo l’immediato, coraggioso e determinato intervento dei carabinieri (brigadiere a piedi Albino Mangialaglio, carabiniere Domenico Tesoro e carabiniere Ranieri Ricotti) evitò peggiori perdite e danni. Infatti i militi dell’Arma, a rischio della loro stessa vita, si adoperarono a mettere in salvo alcuni operai rimasti feriti e poi a rimuovere il materie esplodente. Sempre loro estrassero dalle macerie i corpi senza vita dei poveri Casimirro Terra e Orlando Masciarelli. Il 10 luglio del 1907, sempre nella stessa fabbrica di Città Sant’Angelo, vi fu un’altra esplosione. Questa volta le vittime furono sette e tra queste lo stesso Pasquale Baiocchi.

Fonte: Geremia Mancini

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