EMIDIO COPPA
(1826 – 1902)
Barone, Cavaliere Mauriziano, legislatore, deputato, sindaco, patriota
(1826 – 1902)
Barone, Cavaliere Mauriziano, legislatore, deputato, sindaco, patriota
L’albero gentilizio di Emidio Coppa ha le sue radici molto lontano. Un suo antenato fu governatore di Sulmona. Rescritti, decreti, onorificenze, commendatizie di principi e di monarchi resero onore alla sua casata e ne accrebbero l’autorità e la dignità. Ma bisognava arrivare a lui perché lo spirito liberale, che non contraddiceva all’aristocrazia del sangue e alla dovizia della ricchezza ma la nobilitava, esprimesse l’ansia verso forme nuove della società concretandole all’ombra, ed è da dire meglio alla luce, del campanile natio.
Se l’onore di ospitare Vittorio Emanuele II a Castellammare Adriatico – in quelle ore gravide di eventi alle quali era legato il compimento dell’unità d’Italia, il suo avvenire, anzi il suo affacciarsi ed inserirsi nel concerto delle grandi potenze – fu accordato ad Emidio Coppa di Città S. Angelo, segno che la signorilità, la generosità, l’austerità di lui e la sua devozione al Re e alla grande causa che il Re simboleggiava e della quale si faceva mallevadore dinanzi ai popoli d’ogni parte della Penisola e al mondo – segno che tutto questo lo faceva meritevole della sovrana degnazione. E fu degnazione di cui per decenni menò vanto ed ebbe lustro e decoro il nostro paese.
Emidio Coppa, come sindaco del suo paese, sotto la data del 4 ottobre 1860 aveva firmato al quarto posto, fra le 42 notabilità abruzzesi, dopo Vincenzo Irelli, sindaco di Teramo, Antonio Brunetti, deputato speciale della città di Chieti, e Goffredo canonico Sigismondi, pure di Chieti, l’indirizzo a Vittorio Emanuele, scritto dall’altro angolano Francesco De Blasiis, perché il Re affrettasse il passaggio del Tronto.
“Inviati dalle popolazioni degli Abruzzi, che per l’organo dei loro Municipi ci hanno eletti, noi pieni di riverenza, di amore e di viva fiducia ci presentiamo alla M.V. dichiarandole che nel proclamarla a nostro Re quelle popolazioni obbedivano al più spontaneo impulso del proprio cuore, dappoichè fu sempre in cima ad ogni nostro desiderio il vederci chiamati al consorzio delle oneste e sincere libertà, che allietano la superiore Italia sotto lo scettro del più leale, e del più valoroso de’ Re”. Così iniziava l’indirizzo.
Vittorio Emanuele II si fermò a Villa Coppa il 16 e 17 ottobre 1860. Di questa permanenza la tradizione ha tramandato molti aneddoti. Oltre alle numerose conversazioni che il Sovrano intrattenne con l’anfitrione e vertenti sulle condizioni arretrate nelle quali impigriva l’Abruzzo, Egli si interessò – come era suo solito – di cavalli, e quale fu la sua meraviglia e quale il suo compiacimento – che espresse alla consorte di don Emidio Coppa, la nobile signora Ginestrelli – quando seppe che un “puro sangue” della scuderia della famiglia della medesima aveva vinto il Derby in Inghilterra, il più ambito “premio d’Europa”.
Vittorio Emanuele insignì Emidio Coppa della Croce di Cavaliere Mauriziano, e da allora il gentiluomo angolano divenne “il cavaliere” per antonomasia. Ovunque, quando la distinzione reale era concessa a pochi, a pochissimi cittadini, il “cavaliere” era Emidio Coppa, e soltanto lui, in Città S. Angelo e in provincia.
Delle successive relazioni di Emidio Coppa con casa Reale fanno testimonianza molte lettere, fra le quali una datata da Torino 4 marzo 1861 e diretta a Napoli “A Sua Eccellenza il Barone Emidio Coppa”, ed è firmata dall’“Affezionatissimo amico Enrico Benso”. Essa dice fra l’altro: “Questo mi ha detto S.M. questa mattina, il quale, parlando dell’amore che Ella nutre per Lui, mi incaricò di ringraziarla assicurandole da parte Sua che lo vedrà con piacere quando Ella si rechi quest’estate a Torino”.
Il cavaliere Emidio Coppa fu Sindaco del suo paese negli anni dal 1858 al 1863 e Deputato al Parlamento nella XI legislatura del Regno d’Italia. Un cimelio interessantissimo di quest’ultima sua attività è il libretto “di libera circolazione sulle Ferrovie e sui Piroscafi postali” a lui intestato e con questa precisazione: “I viglietti (sic) saranno validi 20 giorni prima della convocazione del Parlamento, durante la legislatura e 20 giorni dopo la medesima”.
Ma qui è doveroso rendere omaggio anche all’amore e alle cure che don Emidio Coppa ebbe per l’agricoltura. Egli, nella vecchia provincia di Teramo, era uno dei più forti proprietari terrieri e, eccezionale per quei tempi, si occupava personalmente delle industrie agricole. È nella memoria degli anziani che il “cavaliere” dirigeva in un fondaco di Porta Sant’Egidio la cottura dell’uva nera per farne il gustoso e ricercato “vino cotto”, e ai ragazzi, che gli si schieravano davanti, pur sgridandoli perché non lo disturbassero, distribuiva grappoli in abbondanza.
Gli anziani ricordano pure il famoso “vignone” di San Martino, che si estendeva, per una ventina di ettari, dalla strada provinciale al Saline e produceva, dai 120mila viti e più, fino a 2.500 quintali all’anno d’uva squisita che dalla prossima stazione ferroviaria di Montesilvano venivano caricati su treni diretti a Milano e la Germania: cospicua fonte di lavoro per agricoltori, squadre di vendemmiatrici, carrettieri, commercianti, ecc.
Si iniziava, al tempo del passato regime, la “battaglia del grano”, e al “Comunale” di Teramo, ad un convegno di agricoltori presieduto da Giacomo Acerbo, che era stato già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, parlò un insigne studioso di problemi cerealicoli, il sen. prof. Poggi. Egli, illustrando i nuovi metodi che bisognava adottare per vincere la “battaglia”, disse testualmente: “Esperimenti del genere io li ho adottati trenta – quaranta anni fa nelle campagne dei miei amici Coppa di Città S. Angelo”. Giusto riconoscimento di autentica benemerenza fatto a don Emidio Coppa e alla sua famiglia.
Ad Emidio Coppa, legislatore, pubblico amministratore, patriota, il paese nativo – dove aprì gli occhi il 25 febbraio 1826 e li chiuse il 12 gennaio 1902 – di certo renderà omaggio di ricordo imperituro.