Visita con il panorama a 360° il parlatorio delle Clarisse.

Qui le suore di clausura interagivano con il mondo esterno.

Il parlatorio del convento delle monache delle Clarisse a Città Sant’Angelo è adiacente alla chiesa di Santa Chiara ed è il luogo dove, nel rispetto delle regole della clausura, oggetti, offerte, e lettere venivano collocati nella ruota, per passare dagli offerenti, che si trovavano nel parlatorio-cappella, alle suore.

La nascita del convento delle Clarisse spinse a realizzare il tracciato di Corso Umberto I (o anche Strada del Sole), le cui estremità vengono raccordate alle strade ricavate dai valloni (Sant’Antonio e Sant’Egidio) sui quali insistono le porte di accesso al paese.

La ruota degli esposti

La cosiddetta “Ruota o rota degli esposti” è un meccanismo girevole di forma cilindrica, costruito in legno, diviso in due parti chiuse per protezione da uno sportello: una verso l’interno ed un’altra verso l’esterno che, combaciando con una apertura su un muro, permettesse di collocare, senza essere visti dall’interno, gli esposti, i neonati abbandonati. Facendo girare la ruota, la parte con l’infante veniva immessa nell’interno dove, aperto lo sportello, si poteva prendere il neonato per dargli le prime cure.

Vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato, ed anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere, dove mettere offerte per sostenere chi si prendeva cura degli esposti.

Per un eventuale successivo riconoscimento da parte di chi l’aveva abbandonato, al fine di testarne la legittimità, venivano inseriti nella ruota assieme al neonato monili, documenti o altri segni distintivi.

A destra della ruota vi era una finestra con grata (ora murata ma se ne nota ancora l’incasso) per il dialogo delle monache di clausura con le persone presenti nel parlatorio-cappella.

Curiosità

Si racconta che nella seconda guerra mondiale, durante l’occupazione tedesca, l’antico affresco della crocifissione di Cristo, ormai poco leggibile e scuro plausibilmente a causa dalla combustione della cera delle candele votive, fu coperto con della tempera bianca da una squadra di soldati nazisti che dovevano pernottare lì. Ma la mattina seguente ritrovarono l’affresco della crocifissione intatto, scevro dell’irriverente pittura censoria. Forse accadde per miracolo o più probabilmente a causa dello strato oleoso delle candele che ricopre l’affresco, il quale non fece attecchire la vernice a base d’acqua.

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