JACOPO PICCININO
(1423 – 1465)
Capitano di ventura, Signore di Città Sant’Angelo

Giacomo Piccinino, quel desso che prima commilitone, poi Capitano sotto il supremo comando di Gentile Colantoni da Leonessa e che, morto costui di ferite a Manerbio, avealo sustituito nel governo delle venete armi, seguendo egli nel 1460 le parti Angioine, penetrò nel regno con buon nerbo di milizie. Procedendo sempre innanzi nel militare cammino, volse a questi luoghi, e con artiglierie ed altri strumenti da guerra cinse di forte assedio Città Sant’Angelo, che teneva per Ferdinando d’Aragona ed era guardata da Giacomo Paduli. Nel fatto d’arme, disanimato il Paduli di poter più a lungo difendere la città da’ colpi delle artiglierie e anche dalla fame che stringeva questa duramente, esortò i cittadini alla resa; ma ciò non valse a placare l’ira del Piccinino, il quale, avuta in mano la città, la volle affliggere crudamente; e intese così punire non i partigiani del d’Aragona, ma vendicare, ed egli stesso lo dichiarò, quei tristi cittadini, che un vent’anni addietro avevano malmenato tanto il loro Gentile.”

Jacopo Piccinino fu Signore di Città Sant’Angelo, Assisi, Atessa, Borgo Val di Taro, Borgonovo Val Tidone, Bucchianico, Candia Lomellina, Caramanico Terme, Castell’Arquato, Chieti, Compiano, Fidenza, Fiorenzuola d’Arda, Francavilla al Mare, Frugarolo, Guardiagrele, Introdacqua, Pandino, Pellegrino Parmense, Penne, Solignano, Somaglia, Sterpeto, Sulmona e Varzi.

Nato a Perugia nel 1423, muore a Napoli nel luglio 1465. Fu un capitano di ventura. Figlio di Niccolò Piccinino, fratello di Francesco, padre di Giovanni Giacomo. Il 12 agosto 1464 sposò a Milano Drusiana Sforza (Falconara, 30 settembre 1437 – Sulmona, 29 giugno 1474), figlia naturale di Francesco Sforza e vedova del Doge di Genova.

Fonte: Wikipedia

Ebbe il comando delle truppe milanesi nel 1450; caduta la repubblica ambrosiana, passò al servizio dei Veneziani, in guerra contro Francesco Sforza duca di Milano. Nel 1454, dopo la pace di Lodi, formata una compagnia di ventura, devastò il territorio di Perugia e di Bologna e poi assalì la repubblica di Siena, per passare successivamente al servizio (1456) di Alfonso d’Aragona, re di Napoli. Scoppiata quivi la guerra di successione, passò alle dipendenze di Giovanni d’Angiò e batté (1460) a San Fabiano d’Ascoli Alessandro Sforza; quindi (1461-62) combatté con varia fortuna al servizio dei principi di Taranto e di Rossano contro Ferdinando d’Aragona. Nel 1463, tramontata la fortuna angioina, passò al servizio del re Ferrante (1463); un ultimo tentativo degli Angioini (che fallì nella battaglia navale d’Ischia del 1465) indusse però Ferrante, timoroso di una possibile solidarietà del capitano coi suoi vecchi signori, ad arrestare P., che fu messo a morte in Castel Nuovo di Napoli.

Fonte: Treccani

Jacopo Piccinino, condottiero perugino di grande fama, morì in circostanze oscure nel 1465. La compagnia di ventura da lui comandata, i bracceschi, era più di una semplice compagnia di mercenari, grazie a una tradizione prestigiosa e ad alleanze politiche importanti.

Fonte: Serena Ferente, 2005. LA SFORTUNA DI JACOPO PICCININO Storia dei bracceschi in Italia (1423 -1465)

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